Entro il 2020 le fonti rinnovabili elettriche e termiche potrebbero creare in Italia più di 200mila posti di lavoro. A partire dagli obiettivi del position paper governativo del 2007 si iniziano a stimare investimenti e ricadute occupazionali.
La stima di quanto lavoro le rinnovabili possano creare nel nostro paese da qui al 2020 l’ha data invece oggi Giovan Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia, intervenuto al convegno Energia Ambiente 2009, il cui tema centrale erano appunto i green jobs. Partendo dagli obiettivi del position paper 2007 del Governo per l’elettricità, e dalle stime degli investimenti necessari per raggiungerli (fatte dal prof. Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova) Zorzoli ha valutato le ricadute sull’occupazione avvalendosi della tavola intersettoriale dell’economia italiana, elaborata dall’Istat.
Risultato? Cifre diverse a seconda del fatto che siano presi in considerazione vari fattori. Considerando la sola produzione di elettricità, per raggiungere gli obiettivi del position paper (per il quale ad esempio il fotovoltaico dovrà arrivare a 7.500 MW), secondo le stime di Lorenzoni occorrerebbe un investimento di 79.300 milioni di euro. In questo caso i posti di lavoro creati nel settore dell’elettricità pulita sarebbero circa 135mila. Considerando però i costi in diminuzione delle varie tecnologie, a causa delle previste innovazioni tecnologiche e le economie di scala, per realizzare gli obiettivi del position paper potrebbero bastare 67.500 milioni di euro. In questo caso i nuovi occupati sarebbero circa 120mila. A questi andrebbero tolti i posti di lavoro che si perderebbero per le centrali tradizionali non costruite: si arriverebbe così a 112.500.
Questo dato però è limitato al solo settore delle rinnovabili elettriche, e senza considerare il solare termodinamico e l’energia dalle maree, ancora in una fase che rende difficili fare stime.
Tenendo conto di tutto ciò, i nuovi posti di lavoro che si creerebbero al 2020 salirebbero ad almeno 200mila. Cifra che potrebbe essere addirittura più alta se si realizzasse uno sviluppo sul territorio di attività produttive legate alle rinnovabili maggiore del previsto e capace di far diminuire le importazioni del settore. Lavori che – spiega Zorzoli – soprattutto per fotovoltaico ed eolico sarebbero soprattutto al Sud e che comunque sarebbero distribuiti in vari settori: dall’hi-tech per il fotovoltaico, al minerario per la geotermia, all’agricoltura e al trasporto per le biomasse.
Fonte: Qualenergia.it
Ho letto anch’io delle potenzialità “dell’ambiente” per uscire dalla crisi: nuove produzioni e nuovi posti di lavoro. Non credo che se ne sia tenuto conto durante il protocollo di Kyoto o mi sbaglio?
Sono andata a vedere il sito Ises (non conoscevo l’associazione). Ho notato che per l’evento di Giorni delle Rinnovabili: Impianti Aperti ai Cittadini, uno dei cosiddetti gold sponsor era l’eni di Paolo Scaroni.Ciò che mi colpisce cè he proprio chi ha dichiarato il protocollo di kyoto come inaccettabile e inverosimile poi si schieri a favore dell’ambiente e delle rinnovabili. I soliti giochi politici, anche se da qualche tempo la sua azienda e altre come la sua stanno conducendo una serie di iniziativa per lo sviluppo sostenibile e per il risparmio energetico. Peccato che queste campagne di sensibilizzazioni nn si tramutino poi in effettivi investimenti nelle fonti rinnovabili