Come contenere la spesa di incentivazione del fotovoltaico in Italia e raggiungere l’obiettivo di 15 GW al 2020? Valutando l’andamento dei costi dell’energia FV e di quella acquistata dalla rete, e soppesando la spesa complessiva con i benefici, uno studio dell’Università di Padova e dello Iefe ci dice che è possibile.
Qual è l’attuale costo del kWh prodotto da fotovoltaico, come considerare i costi e i benefici di un investimento nel settore, quali le prospettive di mercato? Ma soprattutto, come modulare in base a questi fattori il conto energia italiano per raggiungere obiettivi significativi al 2020 senza appesantire eccessivamente la bolletta elettrica?
A queste domande ha dato diverse risposte un lavoro del Dipartimento di Ingegneria Elettrica Università di Padova e lo IEFE dell’Università Bocconi di Milano. Lo studio, realizzato per il Gifi e presentato recentemente da Arturo Lorenzoni in un convegno a ZeroEmission Rome 2009, ha come titolo “Il valore dell’energia fotovoltaica in Italia” e spazia su diversi aspetti del mercato fotovoltaico, anche se qui ci concentreremo su quelli legati alle prospettive di mercato, al trend dei costi della tecnologia e dell’energia acquistata, e alla spesa connessa al meccanismo incentivante (vedi anche su Qualenergia.it “Fotovoltaico, le tariffe che verranno?“).
Si parte dal dato sui costi del chilowattora prodotto da impianti fotovoltaici che è definibile secondo vari fattori; in particolare secondo le taglie degli impianti e il livello di insolazione. Nello specifico, lo studio determina che il kWh fotovoltaico può oscillare da un massimo di 0,513 € per piccole taglie (1-6 kWp) e con un’insolazione del nord Italia a un minimo di 0,236 € per taglie sopra il megawatt e con un’insolazione dell’Italia insulare (vedi tabella “Costi FV”).
Come potrà crescere il mercato nazionale? L’obiettivo al 2020 è di toccare quota 15 GW totali, cioè 10 volte quanto sarà probabilmente installato a metà o a fine 2010, quando dovrà essere abbandonato l’attuale sistema incentivante per uno caratterizzato da tariffe più basse e quindi più coerenti con l’andamento declinante dei costi di moduli e componenti.
Dopo un primo periodo di crescita annuale elevatissimo, cioè con raddoppio quasi ogni due anni – secondo lo studio dell’Università di Padova e dello IEFE – il mercato dovrebbe attestarsi a regime su tassi di crescita annuali non inferiori al 20% fino al 2020 (vedi tabella “Scenario crescita 2020”).
Gli investimenti annuali richiesti, per quel target di 15 GW, passerebbero così da circa 2 miliardi di euro del 2009 a oltre 5 miliardi di euro del 2020. L’energia elettrica prodotta da fotovoltaico (FV) in Italia, secondo questo scenario, dovrebbe arrivare al 2020 a poco meno di 20 miliardi di chilowattora con una domanda che potrebbe aggirarsi, a quella data, intorno ai 373 miliardi di kWh (dati Terna).
Poiché lo studio punta a valutare quali dovrebbero essere gli incentivi necessari per sostenere un mercato di questa portata, si inizia col considerare l’andamento dei costi dell’energia FV prodotta. Qui vengono in soccorso le stime dell’Epia (European Photovoltaic Industry Association) che ipotizzano un dimezzamento del costo del kWh nell’arco dei prossimi 12 anni, del tutto in linea con l’attuale trend storico: da una media di 0,3 €/kWh del 2008 si arriverebbe a 0,14 €/kWh del 2020.
Moltiplicando l’energia elettrica FV prodotta in un anno per i costi di generazione, si viene così ad ottenere il costo complessivo dell’energia FV prodotta.
Quindi, per ogni anno, il costo dell’energia prodotta è dato dal costo dell’anno precedente più il prodotto della nuova produzione per il nuovo costo del kWh. Si noterà che, a fronte di una forte crescita della produzione, la crescita del costo è limitata grazie alla costante riduzione del costo unitario dell’energia FV prodotta (vedi tabella “Evoluzione costi FV”).
Per valutare quale sia la tariffa di incentivazione più adeguata è poi opportuno comprendere quale energia vada a sostituire la produzione fotovoltaica e quindi determinarne il suo valore. Nello studio si presume che venga presa a riferimento un costo dell’energia elettrica per il 2008 pari al prezzo medio del triennio, aumentato del valore delle perdite sulla rete. Ne scaturisce così un valore di 8,2 cent€/kWh, che verrà poi incrementato del 5% all’anno per tenere conto dell’aumento del prezzo dei combustibili e dei costi di generazione. Un approccio che potremmo definire conservativo se si pensa che l’aumento medio annuo degli ultimi 5 anni è stato del 14,7%.
La spesa per l’incentivo in conto energia è data dalla somma della spesa nell’anno precedente sommata all’incentivo ritenuto necessario per realizzare gli investimenti avviati nell’anno. Considerando ad esempio un incentivo medio di 0,4 €/kWh, per il 2008 e 2009, moltiplicato per 1,17 TWh prodotti, si ottiene una spesa per il conto energia pari a 468 milioni di euro per il 2009. La spesa annuale per il conto energia arriverà poi fino ai 4,2 miliardi nell’anno 2020.
Ma non si tratta del “costo netto dell’incentivazione”; questo è pari alla spesa del conto energia fino alla fine del 2010, ma dal 2011, ipotizzando che vi sia una sua riduzione delle tariffe, l’incentivazione netta è calcolata come la differenza tra il costo di generazione fotovoltaica aumentato del 15% e il valore dell’energia elettrica sulla rete. In altre parole, si ipotizza che il premio del conto energia sia calcolato come differenza tra il costo stimato di generazione aumentato del 15% e il valore di mercato dell’energia elettrica. Questa ipotesi porterebbe allora ad un costo netto dell’incentivazione che è pari a circa due miliardi di euro l’anno al 2020 (vedi tabella “Costi-benefici incentivazione FV”).
Questo calcolo vuol dimostrare che un programma di incentivi ben tarato può contenerne il costo complessivo. L’incidenza del programma di supporto sul prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso passerebbe da circa l’1,64% del 2009 (cioè 0,141 centesimi di euro su un prezzo medio dell’elettricità considerato attualmente intorno a 8,6 centesimi di euro/kWh) al 3,7% del 2020; l’incidenza sul prezzo finale dell’energia elettrica sarebbe naturalmente minore.
Secondo quanto indicato dallo studio, un calcolo grezzo sui costi totali del conto energia dovrebbe essere però soppesato dai benefici portati da questo mercato. Ad esempio l’Iva ricavata dagli impianti e dagli investimenti realizzati nel settore, dal valore delle emissioni di gas serra risparmiate e dagli effetti sulla riduzione della bolletta energetica nazionale. Riuscire così a ricavare un “costo netto indicativo” legato all’incentivazione ridimensionerebbe ancora di più le cifre stellari sparate da alcuni osservatori in merito ai costi per il sostegno della tecnologia. E andrebbe anche ricordato che qui non si prendono in considerazione i benefici legati agli effetti occupazionali e di creazione di imprese, né alla fiscalità delle imprese operanti nel settore.
Potremmo allora riportare un esempio desunto dai dati dello studio. Oggi (anno 2009), in una fase ancora di start up del conto energia, con una spesa annuale dell’incentivazione stimata intorno ai 468 milioni, i benefici quantificabili per l’Iva che entra nelle casse statali potrebbero essere quantificati in 203 milioni di €; andrebbero poi aggiunti i minori costi della bolletta energetica (61 milioni di €) e per le emissioni di CO2 evitate (9,4 milioni di €).
Si arriverebbe allora ad un “costo netto indicativo” annuale, per la comunità, di circa 194 milioni di euro, cioè oltre il 60% inferiore a quei 468 milioni lordi di spesa imputabili al conto energia per l’anno in questione.
Chiaramente questa sarebbe una fotografia ad oggi, ma il sistema va visto a regime e nella sua evoluzione. Quindi, seguendo la tabella che sintetizza il lavoro, si può desumere che, valutando l’andamento di mercato presunto fino al 2020 che prima avevamo evidenziato, il costo netto indicativo (annuale) avrebbe il suo picco nel 2016 (647 milioni di €), per poi scendere fino a 93 milioni di € nel 2020.
Un effetto prodotto da incentivi in continua diminuzione, anche se con una potenza installata annuale in crescita, e con l’effetto cumulativo dei costi evitati, soprattutto grazie alla riduzione della CO2 e dei consumi di energia elettrica.
Nelle prossime settimane valuteremo più nel dettaglio questo studio, commentandolo con gli autori, oltre che continuare a monitorare il dibattito e le posizioni che stanno emergendo in vista della definizione del nuovo conto energia fotovoltaico.
LB
Fonte: Qualenergia.it