Nel mese di febbraio la giunta della Regione Autonoma Sardegna ha avviato le pratiche affinché l’isola sia riconosciuta zona franca integrale dall’Europa. Un tale status quo riconoscerebbe alla regione italiana un’extraterritorialità doganale, con esenzione daziaria sulle merci immesse in consumo, e una particolare legislazione fiscale che potrebbe prevedere l’abolizione dell’Iva.
Dopo la delibera dello scorso 7 febbraio, il presidente della giunta Ugo Cappellacci ha inviato una lettera al Governo e all’Unione Europea, una vera e propria dichiarazione di intenti “L’istituzione della zona franca consente di compensare lo svantaggio relativo alla natura insulare e ultraperiferica della Sardegna, di limitare il fenomeno dello spopolamento dell’isola e di mantenere la pace sociale.” In Italia esistono già realtà sottoposte a un tale stato legislativo, si tratta di Livigno e Campione, mentre il modello isolano europeo più celebre è quello delle isole Canarie. In realtà nei porti della stessa Sardegna la normativa nazionale già prevede l’istituzione della zona franca doganale, ma questa è applicata parzialmente nel solo porto di Cagliari.
Evidentemente le parziali libertà già concesse non bastano all’amministrazione sarda, tanto meno a quel movimento di artigiani e commercianti da cui è partita l’idea sviluppata da Cappellacci. La lotta da affrontare è dura e i tempi sono stretti, il prossimo 30 giugno entrerà in vigore in tutta Europa il nuovo codice doganale comunitario con l’elenco definitivo delle zone franche. Al di là delle difficoltà, il pensiero di una fiscalità agevolata alimenta le speranze dei cittadini sardi, il leader del movimento regionale delle Partite Iva Andrea Impera si è mostrato entusiasta “L’istituzione della zona franca trasformerà la Sardegna nella nuova Svizzera e permetterà il rifiorire dei piccoli commercianti e sopratutto dell’edilizia. Abbattere l’Iva ci consentirà di avere il carburante a costi bassissimi, di pagare pochissimo l’energia elettrica. La zona franca ci permetterà di costruire a bassissimo costo e quindi favorirà gli investimenti.”
Per ora la parola d’ordine è volare basso, i sardi sono in attesa di una risposta dall’Unione Europea e, nel caso di un responso positivo, ci sarà da fare i conti con uno Stato che si vedrebbe mancare miliardi di euro di gettito fiscale. Se la proposta si trasformerà in realtà e in un rilancio per l’isola solo il tempo saprà dirlo.