A tre giorni dall’assegnazione dell’incarico esplorativo a Pierluigi Bersani da parte del presidente Giorgio Napolitano, le nubi politiche sembrano più dense e scure, anziché diradarsi.
Ieri, all’interno del PD è esploso uno scontro che covava dall’indomani delle elezioni politiche, con i renziani sotto attacco da parte di Stefano Fassina e dei cosiddetti “giovani turchi”. Oggetto del dibattere è la formazione sempre più lontana del nuovo governo. Dopo il no dei grillini, l’unica chance che Bersani ha di andare a Palazzo Chigi passa per il sostegno del centro-destra, ma dopo essere sfumata la possibilità che la Lega possa dare una mano, rompendo con il PDL, i renziani sarebbero per un’intesa con Silvio Berlusconi, anche perché le pressioni del mondo economico in questa direzione sono fortissime.
Ma Fassina non ci sta e chiede che il segretario respinga questo approccio, sostenendo che gli elettori avrebbero mandato un segnale chiaro di cambiamento, impossibile da attuare con il partito di Berlusconi.
Dal canto suo, il centro-destra si mostra molto compatto. Alle consultazioni con il segretario del PD pare che PDL e Carroccio potrebbero anche presentarsi insieme, come già è accaduto la scorsa settimana al Quirinale, proprio a dimostrazione dell’unità interna alla coalizione.
Il PDL si dice disponibile a sostenere Bersani, purché vi sia un nome già chiaro per il Quirinale, che dovrebbe andare al centro-destra, dopo diversi presidenti di sinistra. Senza tale accordo dichiarato, l’unica soluzione sarebbe per il Cavaliere il ritorno al voto, rinvigorito anche dalla buona riuscita della manifestazione a Roma di sabato.
Ma le divisioni interne al PD non consentono una buona sortita dell’esplorazione affidata a Bersani, con il rischio concreto che i democratici implodano prima ancora di potere formare un esecutivo.