Il no definitivo della Germania al nucleare, anche se dal 2022, ha spaccato i Paesi europei. Una decisione che maturava da tempo e che apre scenari decisamente diversi nell’Unione Europea, anche perché non sono tutti a pensarla come il cancelliere Merkel, che comunque tira dritto.
Ella stessa ha infatti dichiarato: “Come grande Paese industrializzato siamo in grado di trasferirci verso le energie rinnovabili riducendo del 40% le emissioni di anidride carbonica entro il 2020 e raddoppiare fino al 35% la quota di energia da fonti rinnovabili”.
Un processo tanto ambizioso quanto non certo semplice.
Ne sono convinti per esempio in Francia, nazione che almeno per il momento invece non ha nessuna intenzione di mollare e lo ha fatto sapere chiaramente attraverso Eric Besson, ministro dell’Industria.
Secondo lui la Germania sarà sempre più dipendente dai combustibili fossili e aumenterà il costo dell’elettricità, con ovvi esborsi energetici più alti con ovvie conseguenze anche sull’occupazione.
In totale nei Paesi europei al momento sono presenti 148 reattori attivi in sedici nazioni, con altri otto di terza generazione in costruzione in Romania, Bulgaria, Slovacchia, Finlandia e Francia.
Proprio i transalpini guidano la classifica dei più attivi con 58 centrali complessive, certo meno degli Usa che ne hanno 104 e che, secondo i voleri del presidente Obama, nei prossimi anni rivedranno profondamente la loro politica energetica. La Germania è la terza potenza europea con 17 centrali, preceduta dal Regno Unito con 19 e seguita da Svezia con 10, Spagna con 9 e Belgio con 7.
In Italia, come sappiamo, è tutto fermo in attesa che la Cassazione prenda una decisione definitiva sui referendum del prossimo 12 e 13 giugno.
Il decreto Omnibus proposto dal Governo che ha fissato una moratoria per tutte le attività nucleari nel nostro Paese non convince le opposizioni e i promotori dei quesiti, rinfrancati anche dalla decisione della Germania.
Resta la fresca decisione della Sardegna che ha definitivamente bocciato la possibile costruzione di impianti nucleari ma soprattutto il fabbisogno energetico complessivo che nei prossimi anni andrà a crescere, nonostante la riconversione di molti impianti e l’innesto graduale di veicoli totalmente elettrici