Salta l’anzianità contributiva nel pensionamento dei dipendenti pubblici. La novità arriva dalla pubblicazione della manovra d’estate, licenziata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, nella Gazzetta Ufficiale del 1° luglio, dove, a sorpresa, non sono stati riproposti i 2 commi, il 25 e il 26, dell’articolo 17, che – nel testo originario – reintroducevano una sorta di “scivolo” del personale dipendente al compimento dei 40 anni di anzianità massima contributiva.
I 2 commi superavano, cioè, le modifiche della riforma Brunetta del pubblico impiego di marzo scorso, tornando alla versione originale del comma 11 dell’articolo 72 della legge 133 dell’agosto 2008, che puntava a un deciso svecchiamento del pubblico impiego, consentendo alle pubbliche amministrazioni di procedere, unilateralmente, fino al 2011, alla risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento dei 40 anni di anzianità contributiva. Una possibilità che non esiste più. Almeno per ora. Nel decreto anticrisi pubblicato in Gazzetta, infatti, non c’è più traccia dei 2 commi “incriminati”. Oggi, quindi, si torna nuovamente indietro. Alla modifica dell’articolo 72 fatta propria dalla riforma Brunetta, che prevede il pensionamento “forzoso” dei dipendenti pubblici al raggiungimento dei 40 anni di “effettivo servizio”. Addio, quindi, ai 40 anni di anzianità contributiva.
Al momento, sulle ragioni di questo repentino cambio di rotta del Governo si possono fare congetture. Una ipotesi potrebbe essere legata ad un intervento del Quirinale in sede di promulgazione del decreto. Una cosa, però, è certa. Facendo tornare il requisito dei 40 anni di “effettivo servizio” si restringe (nuovamente) la platea dei potenziali pensionabili, in barba a ogni ipotesi, ventilata più volte, specie, nel comparto scuola, di “svecchiamento” dell’amministrazione. Infatti, nei 40 anni di effettivo servizio non potranno più entrare gli anni (riscattati) del corso di laurea o dell’eventuale periodo militare, come, pure, quelli di altri lavori svolti prima della presa in servizio (purché coperti da contributi).
La cancellazione dell’anzianità contributiva non modifica la procedura di “licenziamento”, che resta sempre la stessa. Sono esonerati dalla norma i magistrati e i professori universitari e l’amministrazione è tenuta a comunicare all’interessato (dirigenti compresi) il collocamento in quiescenza raggiunti i 40 anni di effettivo servizio. Serve il preavviso di 6 mesi e sono fatti salve tutte le previsioni (pre)vigenti in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, per non far perdere al dipendente collocato forzosamente a riposo eventuali disposizioni di maggior favore.
Fonte: Ilsole24ore.com