Il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ha aperto di fatto la discussione politica sui casi MPS e Telecom Italia con un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano. Dopo essere stato accusato di avere taciuto totalmente sulla questione MPS, il cui aumento di capitale da 3 miliardi è stato rinviato di almeno 4 mesi dall’assemblea del 27, per volontà della Fondazione, il sindaco di Firenze risponde che il suo silenzio non sarebbe conseguenza del fatto che non avrebbe nulla da dire, ma al contrario è dovuto alle troppe cose che avrebbe da dire sulla vicenda, sottolineando come i suoi predecessori abbiano commesso errori. Il riferimento è alla commistione tra politica a Siena e banca, avvenuta per il tramite della Fondazione, i cui vertici sono nominati a maggioranza da istituzioni tutte in mano al PD (Comune, Provincia e Regione Toscana).
Renzi, poi, è intervenuto anche sul caso Telecom Italia, affermando che da un lato bisognerebbe evitare che con pochi spiccioli un asset strategico possa essere controllato da una compagnia straniera (nella fattispecie, Telefonica), ma ha anche avvertito che sarebbe sbagliato intervenire con una legge più restrittiva sulle Opa, mentre è ancora in corso l’operazione, in quanto ciò potrebbe essere considerata una normativa contraria a uno specifico interesse.
E la parole di Renzi non è ininfluente, visto che in entrambe le vicende il PD potrebbe avere un ruolo determinante, essendo il partito di riferimento del governo e nel primo caso anche un azionista indiretto della banca senese.
In più, su MPS Renzi si gioca la faccia e ha l’esigenza di indicare al suo partito una linea da seguire diversa dal recente passato, anche se non sarà affatto facile superare gli ostacoli e gli interessi consolidatisi nei decenni. E non è scontato che ce la faccia.