Tra qualche ora si chiuderà anche la pagina del toto-premier, perché il capo dello stato, Giorgio Napolitano, deciderà in giornata su quale nome puntare per la presidenza del consiglio. E fino alla tarda sera di ieri, i nomi più gettonati erano due: Giuliano Amato ed Enrico Letta. Sul primo c’è il veto della Lega Nord, che in ogni caso non voterà la fiducia, ma che si è espressa contro le ipotesi di Amato o Monti premier. Su Letta, il veto è dall’interno del PD, dopo che l’ex presidente del partito, Rosy Bindi, ha stroncato sul nascere l’idea che il giovane piddino guidi il governo, preferendo che resti a capeggiare il PD in questa fase molto difficile. Più in generale, poi, il PD non vorrebbe che l’esecutivo nascente avesse una caratura molto politica, preferendo di gran lunga un basso profilo, cosa che non avverrebbe con il vice-presidente Letta premier.
Dal centro-destra è carta bianca sul nome del nuovo presidente del consiglio. Amato o Letta, ma anche altri, sarebbero tutte ipotesi viste positivamente. Anzi, nel primo pomeriggio di ieri si era diffusa la voce che PDL, Lega e Fratelli d’Italia caldeggiassero persino il nome di Matteo Renzi, poi smentito dal diretto interessato.
Ma ieri è stata anche la giornata della direzione nazionale del PD, la prima occasione di incontro successiva all’elezione del capo dello stato. Il segretario Pierluigi Bersani ha confermato le dimissioni e ha attaccato duramente i franchi tiratori, esprimendo grave preoccupazione per lo stato di un partito, la cui classe dirigente non sarebbe all’altezza delle sfide e consapevole della complessità del proprio ruolo politico. La direzione ha approvato con oltre il 90% di sì il sostegno incondizionato alle scelte di Napolitano, ma i mugugni sarebbero molti più numerosi dei 7 contrari e i 14 astenuti, che apertamente hanno criticato la linea del partito.