Si aprono domattina le votazioni per eleggere il nuovo capo dello stato e quando mancano 24 ore alla prima chiama, impazza il tradizionale “toto-Quirinale”. Il segretario del PD, Pierluigi Bersani, e il leader del centro-destra, Silvio Berlusconi, sarebbero ormai in contatto costante telefonico, per stringere sui nomi per l’intesa. Il primo avrebbe presentato o starebbe per presentare al Cavaliere una rosa ristretta di soli quattro nomi: Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Franco Marini e Anna Finocchiaro. Si tratta tutte di personalità non sgradite all’ex premier, il quale valuterebbe con favore, in particolare, i nomi di Amato e D’Alema, ma giura ai suoi che avrebbe tifato anche per Marini, solo che non lo vogliono proprio quelli del PD. E nel borsino delle elezioni, salgono proprio le quotazioni di Amato e D’Alema, mentre scendono quelle degli altri due, bruciati dalla dichiarazione di guerra di Matteo Renzi.
Due restano le incognite principali di queste ore? Votare subito il nome dell’intesa o attendere il quarto scrutinio, quando basterà la maggioranza assoluta degli aventi diritto? In teoria, PD, PDL e Lega Nord avrebbero una nettissima maggioranza anche già al primo giro, con oltre 100 voti di vantaggio sui 672 necessari. Tuttavia, la storia dei franchi tiratori dimostrerebbe come possa essere rischioso puntare con sicurezza su un nome alla prima votazione, per cui potrebbe essere necessario attendere la quarta votazione, per non bruciare nessuno.
Altro aspetto non secondario è la reazione degli elettori del PD a quello che sarebbe avvertito un “inciucio”. Di fatto, presentando quali propri nomi la Gabanelli e Stefano Rodotà, Beppe Grillo ha messo Bersani e il PD nell’angolo, perché si tratta di due personalità molto gradite alla base del centro-sinistra, il quale si troverebbe nell’imbarazzo di dovere andare contro al proprio elettorato, quando il ritorno alle urne sembra in ogni caso vicino.
Di certo, con l’elezione di Amato o D’Alema al Quirinale si avvierebbe la formazione di un governissimo PD-PDL a guida Bersani, ma che durerebbe pochi mesi, per ridare la parola agli italiani.