Scade l’Ici per la seconda casa e le ville

Il mattone è sempre stato un elemento trainante dello sviluppo economico in Italia. Grande fu il disappunto quando, con Dlgs 504/1992, venne istituita l’imposta comunale che, a partire dal 1° gennaio 1993, colpiva gli immobili, le aree fabbricabili e i terreni agricoli insistenti sul territorio nazionale e che affidava ai Comuni la gestione del tributo in un range di aliquote tra il 4 e il 7 per mille.

L’Ici, da sempre, è stata una delle imposte meno gradite, soprattutto dai proprietari della casa di abitazione, per la quale, del resto, fin da subito, sono state previste detrazioni e/o l’applicazione di un’aliquota più favorevole per ridurre la portata dell’imposizione fiscale.
Con le manovre finanziarie del 2007 e del 2008 sono state introdotte importanti agevolazioni per gli immobili nei quali siano installati impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico. Mentre, con il decreto legge 93/2008, è stata sancita l’abolizione dell’Ici sull’abitazione principale a partire dal 2008.

Vengono quindi esclusi dall’imposta la casa dove il contribuente (proprietario, titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli immobili) ha la sua dimora abituale, che si presume essere quella in cui ha la residenza anagrafica, salvo prova contraria, e i fabbricati considerati pertinenze dell’abitazione principale (box, garage, soffitte e cantine) anche se distintamente accatastati. In quest’ultimo caso spetta al Comune individuare, attraverso un proprio regolamento, il numero e le tipologie di unità immobiliari considerate pertinenze.

E’ ancora il Comune che con propria delibera o regolamento può individuare altri immobili assimilati ad abitazione principale, come, ad esempio, le abitazioni concesse in uso gratuito a parenti; le abitazioni di persone, anziani e disabili, ricoverate in via permanente in case di riposo o in case di cura, a condizione che la casa non sia affittata; gli immobili posseduti da cittadini italiani non residenti in Italia. Sono invece, assimilati ad abitazione principale per legge, e, di conseguenza, esentati dal pagamento dell’imposta: gli immobili regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi case popolari e da altri enti di edilizia residenziale pubblica; la ex casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato, a patto che il coniuge non assegnatario non abbia la propria abitazione principale nello stesso comune dove si trova l’ex casa coniugale; gli immobili di cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibiti ad abitazione principale dai soci assegnatari.

Per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni, l’Ici è ridotta al 50%. L’inagibilità o inabitabilità, accertata dall’ufficio tecnico comunale con una perizia, deve consistere in un degrado fisico (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) di portata tale da non poter essere superato mediante interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.

L’esenzione introdotta dal Dl 93/2008 non riguarda, però le residenze di lusso, anche se adibite ad abitazione principale, che rientrano nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi di pregio) – per i quali si continua applicare la detrazione prevista per l’abitazione principale, e relative pertinenze, di 103,29 euro – e gli immobili che non costituiscono abitazione principale (dati in affitto, utilizzati come seconde case, tenuti a disposizione eccetera), oltre a tutti gli immobili non abitativi (ad esempio, uffici e negozi) e i terreni agricoli.

Fonte: Attico.it

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