Via libera definitivo della Camera al decreto legge Ronchi che contiene anche la privatizzazione della gestione dell’ acqua. Il provvedimento di urgenza è stato infatti approvato dall’ Aula di Montecitorio senza apportare alcuna modifica al testo licenziato dal Senato consentendone così la conversione in legge. Il semaforo verde scattato ieri mattina è stato preceduto dall’ ennesima protesta contro quella che viene definita “l’ espropiazione della gestione del servizio idrico agli enti locali con tutto vantaggio per i privati“.
Una protesta che si è concretizzata in un gesto simbolico: i rappresentanti del Forum dei movimenti per l’ Acqua si sono incatenati alle transenne antistanti Montecitorio all’ insegna del grido “Se voti la privatizzazione dell’ acqua, non lo fai in mio nome”. Non sono mancati gli striscioni: “giù le mani dall’ acqua”. “Acqua a quale costo? L’ acqua è un diritto e non una merce”. “Vi sporcate le mani con l’ acqua”.
COSA PREVEDE IL DECRETO RONCHI
La riforma dell’ acqua, passata con 302 voti favorevoli e 263 contrari, è contenuta in particolare nell’ articolo 15 del decreto legge. Articolo che da un lato ribadisce come la proprietà dell’ acqua sia pubblica; dall’ altra però manda in soffitta tutte le gestioni in house entro il 31 dicembre 2011 a meno che entro questa data la società che gestisce il servizio non sia per il 40% affidata a privati.
LA GESTIONE DELL’ ACQUA
La norma, in particolare, prevede due modalità per la gestione dell’ acqua in via ordinaria ed un’altra in via straordinaria. Si stabilisce così che la gestione del servizio idrico debba essere affidato ad un soggetto privato scelto tramite gara ad evidenza pubblica oppure ad una società mista (pubblico-privato) nella quale il privato sia stato scelto con gara. Oppure, ed è il caso straordinario, la gestione del servizio idrico può essere affidata (”in casi eccezionali”) in via diretta, vale a dire senza gara, ad una società privata o pubblica. In tal caso, però, si deve in primo luogo trattare di una società in house, ossia una società su cui l’ ente locale esercita un controllo molto stretto; in secondo luogo, l’ ente locale deve presentare una relazione all’ Antitrust in cui motiva la ragione dell’ affidamento senza gara. In terzo luogo, l’ Antitrust deve dare il proprio parere.
GLI AFFIDAMENTI IN HOUSE
Poiché, come noto, ad oggi sono già moltissimi i casi di affidamento in house, il decreto mette nero su bianco il da farsi nella fase transitoria. Il provvedimento, infatti, prevede nel dettaglio che le gestioni in house debbano tutte decadere entro il 2011, a meno che entro questa data la società che gestisce il servizio non sia per il 40% affidata a privati. Resta comunque possibile per la società spiegare all’Antitrust i motivi per cui ricorra il caso straordinario che permette l’ affidamento diretto.
Nella sostanza, però, come denunciato anche oggi dal segretario del Forum italiano dei movimenti per l’ acqua, si stabilisce che “cesseranno tutti gli affidamenti in house al 31 dicembre 2011 visto che potranno proseguire fino alla naturale estinzione del contratto solo quelle società in house che si traformeranno in una società mista con un 40% in mano ai privati. Di fatto insomma con l’ attuale formulazione dell’ articolo 15 si obbligano gli enti locali a mettere sul mercato l’ acqua“.
Fonte: Mondofinanzablog.com