L’indice del fatturato dell’industria e l’indice dei salari rappresentano il peggior dato dal 1991. I due indicatori sono scesi del 2,1% rispetto a dicembre. Nel confronto su base trimestrale, il fatturato scende dell’8,8% e gli ordinativi del 14,2%. L’auto resta uno dei settori più colpiti.
Gli ordinativi sono scesi del 35,8% su base tendenziale, con una riduzione del 29,3% per la componente nazionale e del 43% per quella estera. Il fatturato è invece diminuito del 47,4% su base annua, con un crollo del 42,8% della componente nazionale e del 52,3% di quella estera.
‘Tante volte il susseguirsi di dati vecchi possono scoraggiare la ripresa e rendere più complessa la crisi’, ha commentato il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, il quale afferma che ‘i monitoraggi ci segnalano che ci sono spiragli lontani ma ci sono’. ‘L’ho sentito dire anche dall’amministratore delegato di Fiat, Marchionne, e da altri esponenti dell’industria’. Ma l’ottimismo del ministro non trova riscontri nella realtà dei fatti.
I salari netti sono fermi al 1993: lo ha spiegato oggi, dati alla mano, l’Ires Cgil che nel suo ultimo rapporto sottolinea come dal 1993 al 2008, nonostante l’aumento dei prezzi, i salari hanno registrato una crescita pari a zero.
Secondo l’Ires-Cgil, infatti, l’inflazione è cresciuta del 41,6%, le retribuzioni contrattuali del 41,1% mentre le retribuzioni di fatto del 47,5%. Secondo i dati elaborati dall’Ires-Cgil sulle dichiarazioni dei redditi presso i Caaf, inoltre, circa 13,6 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese e circa 6,9 milioni ne guadagnano meno di 1.000, di cui oltre il 60% sono donne.
E che gli stipendi fossero ‘al palo’ se ne sono accorti benissimo anche la maggior parte dei lavoratori dipendenti, visto che faticano terribilmente ad arrivare alla fine del mese anche quando usufruiscono di salari considerati ‘medi’.
Inoltre, i dati sui confronti internazionali ‘confermano l’insistenza di una questione salariale tutta italiana – si legge nell’indagine – in cui le retribuzioni nette italiane (a parità di potere d’acquisto) risultano inferiori di 12 punti rispetto a quelle spagnole, di 29 punti rispetto a quelle dei francesi, di ben 43 punti rispetto alle tedesche, di 56 punti rispetto ai salari dei lavoratori degli Stati Uniti, fino ad arrivare a meno della meta’ di quelle dei lavoratori inglesi’.
Fonte: Businessonline.it